mercoledì 8 novembre 2017

Celebrare Lutero?


Molti si sono chiesti se fosse possibile o addirittura lecito celebrare l’anniversario della nascita del protestantesimo. Di ciò che fu di fatto uno scisma, una rottura, una separazione traumatica tra cristiani in Occidente, che si veniva ad aggiungere all’altra esperienza drammatica della separazione con le Chiese di Oriente. E difatti questa non è non può essere l’occasione per una celebrazione dai toni festivi. E’ come se in una famiglia si festeggiasse un litigio tra fratelli e l’abbandono della casa paterna di uno di questi. No. Non si può gioire delle rotture della comunione, delle fratture nell’ecclesia  che nel Credo confessiamo come unam, sanctam, catholicam et apostolicam. Specie se l’unità della comunità dei credenti è ardentemente voluta dal Cristo ed è ciò per cui il Figlio prega il Padre, ed è ciò a cui il Figlio ha legato la conversione del mondo: “che siano uno affinchè il mondo creda”. In questo caso la dimensione penitenziale è fondamentale. Ricordare il momento della rottura può e deve essere infatti solo l’occasione per chiedere perdono a Dio per aver tradito la sua volontà, e per innestare un cammino di conversione per sanare tale rottura. Solo in questo contesto è comprensibile lo stesso impegno ecumenico per il ripristino dell’unità dei cristiani, così come fortemente ribadito dal Concilio Vaticano II nella Unitatis Redintegratio. La celebrazione dei 500 anni dall’inizio del Protestantesimo mi auguro che sia stata davvero l’occasione per rilanciare con più forza la voglia di tutti i fratelli di potersi incontrare di nuovo nella casa paterna comune, di una ripresa piena di speranza del dialogo nella carità e nella verità, del sincero desiderio di sanare le ferite ancora aperte e di superare ogni recriminazione. Dio non voglia che sia stata solo un altro motivo di ripiegamento della Chiesa su se stessa, seppur motivato da nobili intenzioni, ma sempre dagli esiti autoreferenziali. Il servizio che la Chiesa è chiamata a fare al mondo e la testimonianza che il mondo si aspetta e che ha tutto il diritto di chiedere reclamano una Chiesa capace di morire a se stessa per rinnovarsi continuamente nella fedeltà al suo Signore: solo questo è garanzia del suo fruttificare per la salvezza del mondo.

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